La psicologa Irene Raffagnini, che collabora con Therapyside, rivela alcune strategie per riconoscere i propri bias cognitivi e superarli.
Quante volte capita di notare un particolare modello di auto perché si possiede lo stesso? Quante volte ci si focalizza sui propri errori, invece che sui successi? Sono sensazioni che tutti sperimentano, seppur senza un apparente motivo.
Si tratta, in verità, di bias cognitivi, degli schemi mentali che aiutano prendere decisioni in modo più veloce, attingendo dalle esperienze e dai ricordi. Questo è un sistema che il cervello attua per orientare le scelte, quasi come un “filtro”, ma a volte la mente può essere molto creativa e, purtroppo, spesso in negativo.
Nascono così le distorsioni cognitive; ovvero quei pensieri automatici che portano ad interpretare in modo sbagliato la realtà, risvegliando emozioni negative e inutili, che rendono difficile compiere le azioni della vita quotidiana.
Infatti, se diventano eccessivamente rigidi questi schemi possono alterare la visione della realtà e dare origine a diversi disagi come ansia e disturbi psicologici. È importante prendere coscienza della loro esistenza per poter correggerne eventuali effetti negativi, sostiene Irene Raffagnini, psicologa che collabora con Therapyside.
Auto-sabotare sé stessi e le proprie relazioni
Tra le più frequenti espressioni di queste distorsioni c’ è la profezia che si autoavvera, un fenomeno che si manifesta come un’aspettativa, generalmente un timore, che spesso si tramuta in fatto.
Non è destino né preveggenza, si tratta di comportamenti inconsci che si autoalimentano e che sono alla base di stati d’ansia e di blocchi mentali, come il perfezionismo, l’esagerata autocritica o la tendenza ad estremizzare le situazioni.
Ad esempio, la paura di fallire un esame favorirà l’insicurezza e l’agitazione avvertita in quel momento e di conseguenza la possibilità di commettere errori, creando così un circolo vizioso.
Questi schemi non riguardano solo la percezione che l’individuo ha del proprio vissuto ma anche delle sue relazioni sociali.
La difficoltà a entrare in contatto con gli altri può derivare dalla propensione a catastrofizzare le situazioni, dalla convinzione di non essere apprezzati in un rapporto di coppia o in un gruppo, anche senza averne prove concrete, o di essere responsabili di eventi di cui non siamo la causa.
Come riconoscere una distorsione cognitiva e superarla
“Essere in grado di comprendere e gestire i bias cognitivi può rivelarsi la strategia vincente per esprimere la propria vera identità e mettere a frutto le proprie potenzialità” – commenta la psicologa Irene Raffagnini, che collabora con Therapyside – “ A questo scopo, seguire un percorso di terapia con un professionista può portare ad un miglioramento complessivo del benessere psicologico del paziente, con benefici per tutti gli aspetti della propria vita, dall’aumento dell’autostima e la riduzione dell’ansia fino al miglioramento dei rapporti interpersonali e della visione del mondo” conclude la Dottoressa.
Ecco cinque consigli per affrontare i blocchi generati da questi meccanismi:
- Prendere il controllo sulla nostra mente: i bias non sono altro che una semplificazione della realtà generata dal cervello per adattarsi alle incombenze quotidiane. Rendersi conto che non si tratta di pensieri razionali ma di pensieri automatici che appaiono senza che ce ne rendiamo conto e ci portano ad interpretare in modo sbagliato la realtà, risvegliando in noi emozioni negative e inutili.
- Gli eventi sono anche in nostro potere: se è vero che non tutto dipende da noi, abbiamo comunque la capacità di portare dei cambiamenti positivi, per noi stessi e nel rapporto con gli altri.
- Cambiare la visione del mondo: Fare una lista delle proprie convinzioni riguardo a sé e al mondo. Molto spesso, osservandole più lucidamente, potremo vedere come alcune idee siano in realtà irrazionali ed eccessivamente generalizzanti.
- Non solo bianco e nero: Esercitarsi a individuare i pensieri di tipo dicotomico (o tutto o niente) per lasciare spazio alle sfumature. Invece di pensare “io non sono bravo nello studio”, si può pensare “a volte non sono bravo nello studio, ma posso migliorare”.